Casa dei Landfogti

RIVERA

La cosiddetta Casa dei Landfogti si trova in un luogo denso di storia, nel cui nome è racchiuso il destino: la Bricola. Un termine di derivazione celtica, che significa “piccolo otre per il vino” e che suggerisce la presenza già in tempi remoti, di una locanda con sosta in cui i viaggiatori, mercanti o pellegrini, trovavano ristoro.
Alcuni documenti notarili della seconda metà del Duecento attestano qui un nucleo abitato, mentre in una pergamena del 1383, presente presso l'Archivio parrocchiale di Bironico, si nomina la sosta della Bricola, un magazzino per lo scarico e il carico delle merci in transito, probabilmente costruita dalle autorità di Como, da cui dipendeva la Carvina. In seguito deve essere sorta anche la locanda.
Durante il periodo dei baliaggi italiani (1512-1798) la giustizia nelle nostre terre era esercitata dal landfogto, che restava in carica un biennio e le cui sentenze erano appellabili. Per questo e per altri scopi (revisione e approvazione dei conti), una volta all’anno i sindicatori o ambasciatori dei 12 Cantoni si riunivano (nel nostro caso) a Lugano per due settimane, a metà agosto.
Essi si rifocillavano e riposavano in queste stanze prima di proseguire il loro viaggio.
Sul camino del salone vediamo lo stemma della famiglia dei Beroldingen, segretari del landfogto di Lugano e proprietari della casa nella prima metà del Seicento.
Da sempre situata in territorio di Bironico, dalla seconda metà dell’Ottocento compare nella mappa comunale di Rivera.
Inserita fra i monumenti storici nazionali nel 1909, la struttura rimane però di proprietà privata, cosa che ha ostacolato per decenni la manutenzione degli stabili.
Nel 1957, a seguito del progetto di allargamento della strada cantonale, che prevedeva il suo abbattimento completo, il Cantone acquistò la parte più rappresentativa della Casa, che venne comunque in parte demolita e modificata (spostamento del camino sulla parete nord).
Da una trentina di anni il Cantone mette a disposizione del Comune (prima di Rivera, ora di Monteceneri) questa parte della Casa, utilizzata per mostre ed esposizioni.
Disposto a donare la Casa dei Landfogti al Comune, il Cantone aveva posto la condizione che esso acquistasse la parte della struttura ancora privata, cosa avvenuta nel 2018.
Nel 2020 il Municipio ha costituito la Fondazione Centro culturale Casa dei Landfogti Monteceneri, la quale ha ora il compito di procedere con la progettazione delle opere di restauro e ampliamento della struttura, che in futuro sarà utilizzata come centro culturale e sociale.

Chiesa dei SS. Martino e Giovanni

CHIESA PARROCCHIALE DI BIRONICO

La chiesa parrocchiale dei Santi Martino Vescovo e Giovanni Evangelista di Bironico un tempo era la principale della valle, qui risiedeva il Prevosto e si svolgevano le principali funzioni liturgiche.
La forma a navata unica con tetto a doppia falda risale al 1200, ma la fondazione della chiesa è molto più antica: durante i lavori per la ricostruzione del campanile, nel 1931, è stata trovata una fonte battesimale risalente all’VIII secolo.
Nel 1581 la chiesa viene ristrutturata su ordine del Vescovo di Como, che durante la sua Visita pastorale l’aveva trovata in pessimo stato; di quel periodo rimangono il battistero sormontato da soffitto ligneo a cassettoni, resti di affreschi nel coro e dietro le tele, e il coro in legno di noce.
Con gli ultimi restauri, effettuati tra 1999-2008, si è voluto ripristinare lo stato della prima metà del Seicento, un barocco ticinese caratterizzato dalla ricchezza di forme e colori, ottenuta con materiali poveri (stucco per imitare il costoso marmo).
A questo periodo risalgono la risistemazione dell’abside e la costruzione delle cappelle laterali:
  • altare maggiore in legno indorato scolpito da Bartolomeo Tiburino (attivo nella regione del lago Maggiore). Fino ad allora sopra l’altare era appesa la Crocifissione che ora si trova in fondo alla chiesa;
  • volta della cappella maggiore decorata con affreschi e stucchi dai fratelli Pozzi di Valsolda: Deposizione, Resurrezione, angeli musicanti. Arco trionfale con i Santi patroni della parrocchia;
  • cappella della Madonna del Carmine; cartiglio con scritto cappella fatta costruire e decorare dal parroco Andrea Rusca; curiosità: la statua della Madonna è stata modellata in stucco e dipinta direttamente sul muro;
  • cappella dei SS. Rocco e Sebastiano fatta costruire dagli uomini della Vicinia di Bironico per ringraziare che la peste avesse risparmiato il paese; pala d’altare e altri quadri (S. Carlo Borromeo e lazzaretto di Bironico) attribuiti al ticinese Luigi Reali
  • cappella dell’Annunciazione (Madonna della Cintura), ora con una statua di Gesù flagellato;
  • cappella di S. Antonio da Padova, soggetto a grande devozione a Bironico. Statua seicentesca “contesa” tra Bironico e Rivera, stava in una cappella sulla strada per Medeglia.
L'organo storico risale al 1680 circa, commissionato dal parroco di Bironico Carlo Antonio Boni (originario di Camignolo) e costruito da un organaro lombardo di cui non si conosce il nome.
Laudate eum in timpano e coro. Laudate eum in cordis e organo. Queste sono le parole tratte dal Salmo 150 e dipinte sul frontale dell’organo, un’esortazione a lodare il Signore attraverso il battere del tamburo e la danza, attraverso il suono della lira e dell’organo.

Chiesa dei SS. Pietro e Paolo

CHIESA PARROCCHIALE DI CAMIGNOLO

L’attuale edificio della chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo di Camignolo, situato nella frazione di Cressino, risale alla seconda metà del Seicento, ma già alla metà del Trecento era presente una chiesetta dedicata a San Pietro (il toponimo appare in un documento del 1348).
Dopo i recenti restauri, terminati nel 2007, la chiesa appare rinnovata nel suo aspetto, in particolare nel presbiterio, dotato di un nuovo altare in marmo di Carrara, che ha sostituito il precedente altare in marmo colorato settecentesco, e di un dipinto raffigurante la Crocifissione, opera di fra Roberto Pasotti.
Sulle pareti laterali dell’abside troviamo due grandi affreschi datati 1705: a sinistra la Strage degli Innocenti, a destra San Paolo (la figura accanto, probabilmente San Pietro, è stata cancellata dall’apertura di una finestra).
Sulla volta dell’abside è presente un affresco del 1939, opera di C. Cotti e A. Facchinetti (Nino per la gente di Camignolo), raffigurante Cristo Re (coronato e munito di globo) attorniato da quattro angeli recanti dei cartigli che formano la scritta Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat, a malo nos defendat.
Le seicentesche cappelle laterali sono dedicate alla Madonna del Riscatto (a sinistra) e a San Rocco (a destra): nella prima troviamo una preziosa statua lignea della Madonna con Gesù Bambino in braccio, portata a Camignolo nel 1669 dagli emigranti tornati dalla Romagna; mentre nella seconda spicca la pala d’altare raffigurante San Rocco tra gli angeli, dipinta nel 1668 da Giovanni Andrea Casella. In entrambe le cappelle, decorate da stucchi e affreschi, è presente un altare marmoreo sormontato da due colonne che formano un tempietto.
San Pietro ci osserva dall’alto della seicentesca vetrata colorata posta in cima alla facciata del coro, mentre sul fondo della chiesa è ora presente la nuova cantoria, sormontata da delle vetrate colorate raffiguranti l’Eucaristia affiancata da due angeli in preghiera.
All’esterno, sopra il portale principale, Emilio Maccagni di Rivera dipinse, alla metà degli anni Trenta, i Santi patroni della chiesa, Pietro e Paolo; l’affresco è stato ritoccato durante gli ultimi restauri.
Dal 1955 il campanile è dotato di un concerto di cinque campane; la campana maggiore - "ul campanon" -, posata nel 1620, è stata rifusa più volte nel corso degli anni, l'ultima nel 1983.

Chiesa di San Bartolomeo

CHIESA PARROCCHIALE DI MEDEGLIA

Della costruzione originaria duecentesca si conservano il campanile e parte dell’abside incorporata nella parete est dell’attuale edificio, costruito tra il 1653 e il 1670.
L’interno è a navata unica, nella quale si aprono tre cappelle laterali, dedicate alla Madonna del Rosario, a San Giuseppe e a Sant’Antonio Abate.
Nel coro sono presenti affreschi datati al 1689 di Giovanni Finale da Valsolda; l’altare è sormontato da un ciborio ligneo dorato a forma di tempietto, opera del 1626 di Bartolomeo Tiberino di Arona.
All’esterno, nella lunetta sopra il portale troviamo una quattrocentesca Madonna con Bambino tra i Santi Bartolomeo e Antonio, mentre sotto il portico due affreschi raffigurano l’Annunciazione e Sant’Eurosia, un tempo invocata contro il maltempo e per la protezione del raccolto.

Chiesa di Santa Maria degli Angeli

RIVERA-ALPE FOPPA

L’architetto Mario Botta, il pittore Enzo Cucchi e padre Giovanni Pozzi da Locarno sono stati gli ideatori della chiesa di Santa Maria degli Angeli sull’Alpe Foppa (consacrata nel 1996).
La chiesa è stata costruita in calcestruzzo, con rivestimento in pietra di porfido. L’edificio sacro è preceduto da un lungo corridoio esterno, che esce dalla montagna e va verso il vuoto, fino ad ancorarsi alla cappella, quasi a volerla afferrare e proteggere. Il piccolo edificio sacro trova posto in un volume cilindrico del diametro di 15 metri. Una forte luce inonda la piccola abside dipinta da Enzo Cucchi, con la figura di due mani offerenti, incise su un fondo di colore blu che sfuma nel bianco verso il cielo e nel nero verso il pavimento. A livello di quest’ultimo, si aprono una serie di finestrelle in cemento. Contornano lo spazio maggiore dell’abside, a destra e a sinistra delle grandi mani, che stanno al centro, quasi a voler raccogliere tutte le preghiere e le suppliche che provengono da ogni parte. Padre Giovanni Pozzi ha scritto meravigliose diciture per ogni disegno eseguito da Cucchi sulle ventidue formelle: sono vere e proprie preghiere indirizzate alla madre di Dio. Ogni formella porta il disegno, in piccolo, delle mani offerenti, quasi a ricordare in ogni momento lo scopo dell’offerta e della preghiera, lungo il cammino della vita, che il pittore Cucchi ha magistralmente rinchiuso dentro due lunghi alberi della vita: uno che parte dall’esterno, corre sul soffitto delle arcate e dei camminamenti, e viene a incontrare, a metà della costruzione, la punta del secondo albero, partito dall’abside interna.

Testo tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, p. 369.

Chiesa di Sant'Andrea

CHIESA PARROCCHIALE DI SIGIRINO

Il complesso monumentale della chiesa di Sant’Andrea di Sigirino dal 2007 è tutelato dall’Ufficio dei beni culturali, in quanto presenta un tipo particolare di architettura esterna con un piccolo sagrato, a cui si accede attraverso un portico diviso in due arcate e attorno al quale si snodano la casa parrocchiale, l’ossario, il cimitero e la chiesa parrocchiale, restituita alla comunità nel dicembre del 2016 dopo quasi dieci anni di lavoro di restauro.
Una primitiva chiesa è già citata in un documento del 1292, demolita e ricostruita nelle forme attuali alla metà del Settecento, mentre la decorazione pittorica risale a tutto l’Ottocento. La cappella nella parete nord contiene la statua seicentesca della Madonna del Rosario, ai piedi della quale troviamo un altare in stucco di scagliola, opera del 1727 di Pietro Marielloni di Sigirino.
La particolarità dell’ossario sta anche nell’affresco raffigurante la Madonna che allatta le anime del Purgatorio, dipinto nel 1687 da un autore ignoto.

Chiesa di Santo Spirito

CHIESA PARROCCHIALE DI RIVERA

Un oratorio dedicato a Santo Spirito esisteva già nel Cinquecento, demolito alla fine del Settecento per dare spazio all’odierna chiesa in stile neoclassico, su progetto dell’architetto Andrea Pedretti, coadiuvato dal capomastro Pietro Petrocchi, entrambi di Rivera.
La chiesa attuale presenta all’interno una navata unica con volta a botte.
“L'intervallo tra le lesene è occupato, verso il presbiterio e la controfacciata, da quattro angoli smussati decorati da nicchie con i quattro evangelisti in stucco, opera di Giovanni Battista Curonici di Rivera (1810 circa). Dall'aula dell'unica navata si viene introdotti nell'ampio presbiterio attraverso una balaustra in marmo di Arzo, in parte risalente all'antica chiesa del '500. L'altare maggiore, della fine del '700, abbastanza lineare nelle sue forme, incrostato di marmi policromi, sorge sotto l'arcone che introduce al coro semicircolare, nel quale si impone il grande mobile che accoglie le canne dell'organo (1952). (…) sospesa tra la cantoria e l'altare maggiore è da rilevare la bella tela con la Pentecoste, opera firmata degli anni Trenta del '600 dal pittore fiorentino Luigi Reali, che ha lavorato nella fascia prealpina piemontese-lombarda (…). Le cappelle laterali hanno altari e decorazioni che datano all'inizio del secolo XIX.
La prima a destra è dedicata a S. Teresa del Bambin Gesù, in origine detta del Suffragio o delle Anime purganti. Eretta e decorata nel 1807-08 dallo stuccatore Gian Battista Curonici, dopo varie vicissitudini decorative, dal 1926 accoglie nella nicchia, aperta sopra l'altare, una statua in gesso di S. Teresina di Lisieux. La seconda cappella è dedicata alla Vergine Assunta. La decorazione e la cornice in stucco sopra l'altare, databili all'inizio del XIX secolo, accoglievano in origine la tela, dei primi decenni del XVII secolo, con l'incoronazione di Maria, contemplata dai santi Giovanni Evangelista e Francesco d'Assisi.
Un piccolo stemma, dipinto in basso con l'emblema di una fontana zampillante, e la presenza del santo evangelista, hanno permesso di individuare il donatore nella persona di Giovanni Domenico Fontana di Soresina, il quale nel 1615 ... fondò un beneficio legato all'altare della Beata Vergine Assunta, nell'antica chiesetta seicentesca. Già nel secondo decennio dell'800 la tela venne spostata nel presbiterio. Nella prima cappella a sinistra, dedicata al mistero della Croce, l'altare in marmo di Arzo inquadra nella nicchia un pregevole Crocifisso del XVI secolo. Nella seconda a sinistra, dedicata a S. Lucia, si conserva come pala d'altare la tela di autore ignoto, con i Santi Carlo Borromeo e Lucia ai piedi della Vergine, donata nel 1622, e un paliotto in scagliola del 1704 riferibile al maestro Pietro Giovannino”.

Testo tra virgolette tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, pp. 333-334.

Frazione di Osignano

SIGIRINO

Osignano si situa ai piedi della montagna, sul versante destro della valle. Il nucleo si presenta compatto, articolato in due parti strutturalmente differenziate, con gli edifici disposti secondo l’andamento delle curve altimetriche lungo i due percorsi interni principali. Qualità, queste, sottolineate dalla presenza dell’oratorio di San Rocco in posizione isolata lungo la strada di collegamento con il nucleo di Mastarino a nord, dalla ricca sequenza di vicoli, scalinate, sottoportici e cortiletti interni che costituiscono il sistema viario, e dalla fascia di orti sostenuti da mura in sasso antistanti il fronte principale. Queste particolari qualità storico-architettoniche risultano di grande valenza in considerazione della complessiva integrità del patrimonio edilizio storico, che costituisce tuttora un valido esempio di architettura contadina ticinese dei secoli XVII e XVIII.
(…) Rispetto agli altri nuclei tradizionali esistenti nel Comune, l’antica frazione di Osignano presenta una situazione particolare, poiché il complesso di origine rurale si è mantenuto praticamente intatto dal profilo architettonico-ambientale e nelle sue relazioni spaziali con il circostante contesto territoriale. Per questi significativi motivi, l’agglomerato è segnalato come insediamento di importanza nazionale dal Piano direttore cantonale e dall’Inventario Isos (inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere).

Testo tratto da: R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, p. 434.

Mulino di Soresina

RIVERA

La riattazione di una vecchia casa, ubicata dentro una bella corte ottocentesca, ha dato luogo alla scoperta delle parti di un antico mulino, riattivato dopo l’intervento di restauro completato nel 1991.
La ruota è stata ricostruita, mentre si sono mantenute le macine originali. Esso è azionato dall’acqua di una “rogia”, che un tempo serviva anche come lavatoio.
Il mulino si inserisce perfettamente in un autentico mosaico di antiche costruzioni: un rustico con alambicco, un forno a legna, la “grà” per l’essicazione delle castagne e una meridiana.
In occasione dell’annuale Giornata svizzera dei mulini, anche il mulino di Soresina viene messo in funzione durante una giornata di festa per la popolazione.

Oratorio dei SS. Giulio,
Antonio Abate e Lucio

MEDEGLIA-CANEDO

Ad accogliere la gente che arriva a Canedo, in bella mostra – proprio rivolto verso le poche case che formano il nucleo della frazione – c’è l’oratorio dedicato ai Santi Giulio (prete), Antonio (abate) e Lucio (martire), costruito dalla gente della zona, in special modo dalle famiglie Simoni e Canetti. (…) La posa della prima pietra fu effettuata (8 aprile 1707) da Giovanni Paolo Canevali di Lugano, canonico in San Lorenzo; i lavori di costruzione durarono meno di due anni, sotto la guida di mastro Carlo Antonio de Simone. Il 23 maggio 1710 l’oratorio fu benedetto. Si dice che la campana, fu fusa a Como e spostata su di un carro trainato da un bue fino a Bironico, e poi a spalla sino a Canedo. (…)
All’interno vi è una bella statua in legno della Madonna Addolorata. La festa di San Lucio si tiene la seconda domenica di luglio.

Testo tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, p. 210.

Oratorio dei SS. Sebastiano e Rocco

RIVERA-SORENCINO

L'oratorio di Sorencino, di origine tardocinquecentesca, venne successivamente trasformato nella seconda metà del XVII secolo. Timidi segnali di questo rinnovamento li possiamo riscontrare ancora oggi in alcuni arredi che stati conservati: la tela votiva del 1605, ubicata dietro l'altare, che raffigura la Madonna con il Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano, malamente restaurata nel 1898; il tabernacolo e il soprastante ciborio in legno intagliato e dorato, restaurato nel 1999, due tele con S. Antonio Abate e S. Giulio. Esternamente, sulla facciata, vi è un affresco degli inizi del'600 con le figure dei Santi titolari, riportato alla luce negli anni '40 e restaurato negli anni '90 del XX secolo. L'interno a volta è imbiancato e pavimentato; ha un'unica cappella, ornata da una tela con la Beata Vergine Maria e i SS. Rocco e Sebastiano. A lato dell'Epistola si trovava la sacrestia, angusta e oscura: a lato del Vangelo il campanile, con ingresso dalla cappella. Nel 1825-'35 è da segnalare un ampliamento dell'oratorio l'erezione dell'altare dedicato a S. Nicolao della Flüe. Il Patriziato di Rivera, nel 1872, dona all'oratorio la statua lignea di S. Rocco, opera dell'intagliatore milanese Francesco Angiolina. I restauri del 1906-08 ci hanno consegnato l'oratorio nelle forme attuali, caratterizzate sia all'interno che all'esterno da decorazioni in stile neogotico.

Testo tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, pp. 335-336.

Oratorio della Madonna delle Grazie

RIVERA-SORESINA

Le famiglie di Soresina intrapresero la costruzione del luogo di culto nel 1715, portando a termine la fabbrica nel 1725. Le rifiniture dell'interno occuparono ancora alcuni anni e vennero completate con la costruzione della sacrestia nel 1751 e del campanile nel 1760. Nel 1819, su disegno di Giovan Battista Curonici, che lavorava in quel tempo in Santo Spirito, si decise di ingrandire l'edificio e l'oratorio assunse l'aspetto neoclassico che ancora ai nostri giorni possiamo ammirare. La metà del XIX secolo vide il compimento di nuovi lavori; nel 1847 un benefattore offrì la balaustra in marmo di Arzo, che divide la piccola navata dal coro-presbiterio; nel 1853 un altro donò la statua della Madonna delle Grazie, che nel 1855 - alla fine dei lavori di costruzione del nuovo altare marmoreo - trovò posto al centro di esso, in un elegante tempietto. A partire da questi anni, il simulacro della Vergine diventa il centro di interesse culturale del piccolo edificio sacro, sostituendo in questo la funzione fino ad allora assunta dall'antica pala d'altare, una riproduzione di autore anonimo, databile tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo, della miracolosa immagine della Madonna della Ghiara, venerata nell'omonimo santuario di Reggio Emilia. La tela, conservata attualmente nel coro dietro l'altare maggiore, è presente a Soresina almeno dal 1741. Nell'immagine originale ad affresco di Reggio Emilia, nella parte superiore compare una scritta che rende ragione della particolare scelta iconografica adottata dell'artista per rendere in immagine la definizione dogmatica di Maria Madre di Dio: Adorò Colui che generò. La frase mette in risalto due realtà legate e interdipendenti: la divinità di Gesù e la sua dipendenza filiale alla Vergine Maria. Nel 1877 i terrieri di Soresina dotarono il loro oratorio di un organo a canne: pregevole strumento, le cui parti lignee risalgono al '600, le canne e la tastiera al '700, acquistato presso l'organaro Giovanni Mentasti di Varese, restaurato negli anni fra il 1994 e il 1996.

Testo tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, pp. 334-335.

Oratorio della Vergine Addolorata
e di San Rocco

SIGIRINO

Citato già nel 1599, ampliato nel 1807 dall’architetto Simone Pedretti (patrizio del luogo) e parzialmente restaurato e ridipinto nel 1929, mentre all’inizio degli anni Novanta si è posto mano ad opere di riattazione e di tinteggio. Lo stile è palesemente barocco, tuttavia – specie all’interno – si respira un’aria classica, di sobria linearità, che stupisce ed avvince. Lungo la navata – caratteristiche, più che di pregio – le statue lignee dei Santi Rocco e Sebastiano; sopra l’altare, quella di sicuro valore (databile attorno al 1693) della Regina dei Martiri, con le tradizionali sette spade confitte nel cuore. Un complesso di eccellente pregio, e non solo storico. Di maggior rilievo due tele con l’effigie di Vescovi, di cui uno con ogni probabilità è San Carlo e l’altro Sant’Agostino.

Testo tratto da R. Locatelli, A. Morandi, Alto Vedeggio ieri e oggi, Ed. Rivista di Lugano, 2005, pp. 417-418.

Oratorio di Santa Maria
in Prato Quadro

BIRONICO

L’oratorio di Santa Maria in Prato Quadro da secoli accompagna la vita religiosa della gente di Bironico e dell’alta Valle Carvina. Il suo aspetto è cambiato più volte, ma non la devozione per la Madonna del Rosario, rimasta immutata nel tempo.
Costruita dagli uomini della Vicinia di Bironico e per secoli da loro amministrata, essa sorgeva vicino a un terreno recintato da un muro a secco, chiamato Prato Quadro, appartenente a una famiglia di nobili origini, con ogni probabilità quella dei Rusca.
Intorno alla metà del 1400, il notaio Pietro Rusca fa dipingere l’affresco della Madonna con il Bambino che vedete sopra l’altare. Maria veste abiti sontuosi ed è seduta su di un cuscino riccamente decorato. Gesù Bambino tiene in mano un cartiglio con la scritta in latino “Ecco, io vengo presto, dice il Signore, e porto con me il premio da dare a ognuno secondo le opere che ha fatto”, testo tratto dal libro dell’Apocalisse di San Giovanni.
Nel 1626 la chiesa viene intitolata alla B.V. del Rosario (tondi dei Misteri intorno all’affresco).
La struttura attuale risale alla seconda metà del 1'600, quando all’edificio preesistente viene aggiunta la stretta navata.
Da sempre afflitta da problemi legati all’umidità, ora necessita un imminente intervento di restauro.

Oratorio di Sant'Ambrogio

CAMIGNOLO

In zona Piazzeno, su un promontorio roccioso immerso nel bosco, si trova una sorta di enclave camignolese in territorio di Mezzovico-Vira, sulla quale sorge l’oratorio di Sant’Ambrogio al Castello, monumento storico nazionale costruito tra il IX e il X secolo.
All’interno dell’oratorio si possono ammirare affreschi appartenenti a diverse epoche.
Al periodo tardoromanico (XIII sec.) risale il ciclo della Majestas Domini dipinto nell’abside: tre registri in cui la vivacità dei colori e l’espressività dei volti danno luogo a un tipico esempio di arte rustica romanica. Nel catino absidale troviamo il Cristo Pantocratore entro la mandorla e attorniato dai simboli dei quattro Evangelisti, nel registro centrale la teoria degli Apostoli accompagnati da un angelo (il personaggio dipinto sopra il vano di destra presenta delle ali), mentre nel registro inferiore un tendaggio decorativo.
Tra un Apostolo e l’altro si possono osservare delle tracce nere: infatti, un tempo, le future mamme che temevano per la vita del nascituro effettuavano il rito dell’Apostolare ponendo una candela di fianco a ogni Apostolo; quando l’ultima si spegneva, davano al bambino il nome del relativo Santo.
Una curiosa variante rispetto alla tradizione: due grandi arcangeli vestiti di bianco in luogo dell’Annunciazione presente solitamente ai lati dell’arco trionfale.
L’altro affresco tardoromanico è quello raffigurante Sant’Ambrogio, sulla parete meridionale dell’oratorio: il Santo è rappresentato coi paramenti pontificali, incorniciato dalla porta di una città; probabilmente si è voluto rievocare il momento della presentazione del nuovo Vescovo alla città di Milano.
Sulla parete settentrionale troviamo l’affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna del Latte tra i Santi Antonio Abate e Caterina d’Alessandria.
E il settecentesco San Rocco, strappato dal muro durante i restauri del 1919 e quindi spostato nella chiesa Parrocchiale; ora è stato riportato al suo luogo d’origine.
Sulla facciata troviamo l’ormai sbiadito affresco settecentesco raffigurante l’apparizione di Sant’Ambrogio a cavallo durante la battaglia di Parabiago nel 1339 (battaglia tra Luchino e Lodrisio Visconti per la Signoria su Milano).
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